Giorni fa, avendo 35 euro da spendere, pur non avendo avuto alcun sintomo, sono andato a farmi un test sierologico per verificare l’eventuale presenza di anticorpi al virus SARS-Cov-2 nel sangue.
Prima di effettuare il prelievo, faccio quattro chiacchiere con l’addetto al laboratorio di diagnostica, che, con un certo compiacimento, mi racconta che le persone che si stanno facendo (di loro volontà e con i loro soldi) questi test sono moltissimi. Gli domando allora se i dati clinici di queste analisi private (magari corredati da qualche dato, come l’età o patologie pregresse), vengono trasmessi a qualche struttura pubblica: “Assolutamente no. Non ce lo hanno chiesto. Peccato, perché, se fosse stato così, si poteva ottenere subito un valido screening sierologico di massa che in Italia, a differenza di quanto è già avvenuto all’estero, non è stato ancora fatto.”
Torno a casa e accendo la TV. Dove un dirigente della Croce Rossa Italiana, criticando la “scarsa sensibilità degli Italiani” si lamentava che l’indagine nazionale sierologica – che il governo ha affidato alla CRI e che avrebbe dovuto interessare 150.000 persone – non la vuole fare nessuno: solo il 2% delle persone contattate telefonicamente si è prenotato per il prelievo.
E perché mai nessuno vuole fare con la Croce Rossa un esame (peraltro, gratuito) che tanti stanno facendo a loro spese? Scopro, quindi, una verità sconvolgente: le persone che nello screening governativo, saranno trovate con anticorpi al virus SARS-Cov-2 sono da ritenersi ufficialmente POSITIVE e, pertanto dovranno essere confinate, (in alcuni casi, insieme ai loro familiari) in QUARANTENA.
Scopro infine la surreale storia di Solto Collina, un paesotto di 1800 abitanti nel Bergamasco affacciato sul lago d’Iseo. Lì l’amministrazione comunale aveva pensato bene di convenzionarsi con un laboratorio privato per fare effettuare (a 25 euro ognuno) test sierologici per il COVID. Si raccolgono così 124 campioni di sangue che attestano, quasi tutti, la presenza di anticorpi al virus Sars-COV-2; test subito salutati – giustamente – dalla popolazione come prova della guarigione e della fine dell’epidemia. Ma la festa viene rovinata dall’arrivo dei Carabinieri che dopo essersi fatti consegnare dal Comune la lista, ordinano a tutti coloro che, dai test sierologici risultavano guariti (ma, comunque, infettati dal virus) e a tutti i loro familiari di mettersi in quarantena fino a quando non sarà effettuato il tampone che dovrà risultare negativo. E cioè dopo almeno un mese.
Ma perché impedire con questi sistemi che si scopra la verità (e cioè che, con milioni di italiani contagiati già a marzo, l’inutilità dei due mesi di lockdown, delle attuali mascherine e di sceriffi alla de Luca)? Semplice, perché se, questo avvenisse, la gente infuriata si riverserebbe per strada. Meglio quindi, per il Governo oggi, sabotare una iniziativa che, forse, in Italia, si farà solo quando tutti gli Italiani, completamente rimbambiti dall’ipocondria, saranno incapaci di qualsiasi protesta.
Francesco Santoianni
Qui, la nota della Regione Campania che vi invita al prelievo (notare la frase-trappola “sarà seguita dall’offerta di un tampone diagnostico”)